.

Blog fondato da Guglielmo Campione www.guglielmocampione.it

La mente può trovarsi in stati diversi , il sonno ,il sogno, la trance,l'ipnosi,l'attenzione fluttuante,
l'estasi,la preghiera,la meditazione,la creatività artistica e scientifica,
l'esplorazione dello spazio e degli abissi marini,l'agonismo sportivo.

Stati della mente pubblica lavori originali o già pubblicati con il consenso degli autori, interviste e recensioni di libri e promuove eventi culturali e scientifici.

HAIKU E SOGNO di Lucia Fontana




STATI DELLA MENTE ha il piacere di pubblicare il saggio  "Cosa hanno in comune fra loro haiku e sogno?" pubblicato in esclusiva per CHANOKEBURI'  Blog diretto dell'autrice LUCIA FONTANA.

                              




                                   http://chanokeburi.it/sognando-haiku-dreaming-haiku/




Cosa hanno in comune fra loro haiku e sogno?


Haiku e sogno sono entrambi prodotti dalla mente creativa: di giorno l’uno, di notte l’altro.

Ma quello che li rende estremamente simili è il fatto che entrambi parlino per immagini, malgrado il sogno possa presentarsi come una sequenza di immagini mentre usualmente quelle che compongono lo haiku sono due soltanto (o, occasionalmente, tre…).

Entrambi mostrano, non raccontano.

Sia lo haiku sia il sogno portano con sé un senso che è tanto più coinvolgente quanto più numerose sono le possibili chiavi di lettura ; ed entrambi possono essere definiti prodotti che danno voce e corpo a risorse inaspettate nel momento in cui le rispettive immagini vengono alchemicamente accostate fra loro.

Inoltre i sogni, come gli haiku, possono talvolta essere letti anche al rovescio, arrivando finanche a dire l’esatto contrario…

Il sogno, prodotto accurato che la mente genera nel corso del sonno REM, è la manifestazione di molteplici e condensate istanze, emozioni e bisogni sfuggiti ad una efficace elaborazione diurna.

Filtrati di giorno, impigliati nel pettine dell’inconscio, di notte ne subiscono la condensazione in un’unica soluzione, che la maggior parte delle volte soddisfa numerosi sensi ed è altresì definita lavoro onirico.

Simile ad un mosaico, nel sogno si declinano le intuizioni, i desideri, gli atti mancati cui il sognatore aspirava, talvolta ostacolato da realtà contingenti esterne o interne, dunque anche inconsce.

Può capitare che il sogno assuma la forma di una premonizione.

Ciò in realtà accade perché dettagli rimasti inosservati alla mente conscia non sono sfuggiti a quella preconscia e non-conscia, così che il cervello si prepara anzitempo a vivere un accadimento programmato nel futuro imminente, giungendovi però in una condizione di maggior ricettività e attenzione.

Regioni sottocorticali del nostro cervello, ontogeneticamente più arcaiche, captano in modo istintivo e fulmineo informazioni che sfuggono alla corteccia cerebrale, comunemente denominata in italiano “materia grigia”, preposta a funzioni di pensiero più sofisticate e dunque richiedenti più tempo per formulare, concepire, interpretare.

Attraverso il sogno le emozioni irrisolte trovano spazio, possibili sbocchi, soluzioni. Esso diviene una sonda che si espande facendo spazio ai desideri più reconditi, legittimandoli.

Tuttavia, il lavoro onirico può anche avvalersi di una funzione definita da Sigmund Freud “censura onirica”. Il suo effetto può rendere misterioso, criptico e non sempre di facile lettura un sogno portatore di desideri “proibiti”, cioè non accettati dal sognatore come congrui alla sua vita diurna.

Essa fa affondare il ricordo del sogno stesso nell’oblio, proteggendo la mente conscia dall’esposizione a fatti a cui è impreparata, benché nel contempo la soddisfi facendole vivere inconsciamente le emozioni attraverso quello stesso sogno così poco o per nulla chiaro all’atto di rievocarlo.

“‘Ecologicamente” l’inconscio può sognare e sognare ancora – in innumerevoli versioni – una medesima situazione, cosa che accade quando cerca di far superare un evento difficile alla persona che lo ha sperimentato, mettendo più volte in scena lo stesso copione del fatto accaduto, in varianti che favoriscano, dopo una sequenza di sogni altresì detti “ricorrenti”, il raggiungimento del lieto fine.

E, dunque, ci accorgiamo di aver sognato, però al risveglio abbiamo la sensazione che il sogno sprofondi nell’oblio al punto che riusciamo a rammentarci solo pochi frammenti, talvolta uno, talaltra nessuno.

Questo è l’effetto della censura onirica.

Freud dedica molto interesse a questa funzione, che pare serva a tutelare dalle valutazioni, dalle razionalizzazioni e dal giudizio super-egoico la delicata e multiforme vita sommersa e desiderante di cui disponiamo e di cui spesso siamo poco consapevoli, ma da cui è possibile attingere energia nei momenti di travaglio o di passaggio e di forte cambiamento.

Se vogliamo capire come funziona la censura onirica sul ricordo dei sogni è sufficiente assimilarla alla marea, la quale, crescendo, cancella le tracce lasciate sulla battigia.
Il sogno di Giulio

Nella nostra veste di haijin conosciamo un po’ tutti a livello intuitivo come si arriva a scrivere uno haiku.

Qui di seguito, invece, voglio rendervi partecipi di un sogno che fa utilizzo di varie immagini fra loro inanellate.

Quello che cercherò di mostrarvi (attraverso il succinto racconto di qualche mese del mio lavoro) è come il sognatore può esordire da un’immagine di partenza, creare un’elaborazione della suddetta immagine tramite il lavoro inconscio, per poi produrre una seconda immagine in giustapposizione ai contenuti iniziali, spiazzando in primis se stesso (il sognatore) ma anche lo stesso ascoltatore…

Con la descrizione di questo caso, di provenienza squisitamente psicoanalitica, intendo dunque mettere in evidenza quanto incisiva sia la vicinanza fra la formazione inconscia del sogno e l’accostamento di immagini nella composizione poetica dello haiku.

Inutile dire che uno haiku ben riuscito probabilmente funzionerà meglio se capace di creare un effetto “sogno ad occhi aperti”, evocando uno stato di rêverie, favorendo – similmente al sogno – più chiavi di lettura, restando “aperto” (e dunque insaturo), proprio come un sogno rammentato solo in parte, mai del tutto.

In una riflessione di Alyson Ludek con riferimento alle forti implicazioni fra madre natura e natura umana nella poetica di Michael Dylan Welch, (cosa che vedremo a breve anche nel sogno), la poetessa osserva che lo stesso haiku project (2003) di Welch evidenzia l’importanza per l’autore non solo dell’immagine sensoria, ma individua il legame fra lo haiku e la fotografia, e come entrambi registrino l’istante ritraendo l’esatto momento cui ci si riferisce.
(Welch haiku project,
Open Window http://www.brooksbookshaiku.com/welch/index.html )

Anche il sogno si compone di immagini, simili a fotogrammi.

Le persone che raccontano i propri sogni non descrivono un’idea del sogno, bensì l’immagine più o meno precisa rimasta impressa nella loro mente come un’istantanea sul negativo di una pellicola…

Molto spesso, fra l’una e l’altra, succedono anche cose che le persone possono dimenticare, tanto da far apparire il sogno assurdo per il suo “saltare” da un’immagine all’altra senza apparente collegamento fra loro, o più spesso con la biografia dell’individuo.

Tuttavia un “trattamento analitico” può individuare il senso sottostante che ad una ad una le tiene profondamente collegate… […]

Un’elaborazione onirica è, spesso e indubbiamente, un dono che la psiche fa a se stessa quando alcuni contenuti sono approdati alla coscienza in quanto maturi per dare corso ad un cambiamento.

Certi sogni costituiscono svolte nella vita di un individuo attento e ricettivo. L’intreccio sinergico di esperienze e loro elaborazione onirica risveglia risorse che nutrono un percorso di crescita personale vitalizzandolo a livello emotivo e cognitivo, facilitando l’intuizione e suggerendo dall’interno come il soggetto possa avanzare coniugando la sua vita al mondo e dialogando col mondo per la sua vita.

Un esempio può essere individuato in un miglioramento dentro un percorso clinico segnalato da un paziente al suo terapeuta attraverso il suo sogno.

Qui a seguire il caso di “Giulio”, pseudonimo che per ovvie ragioni di privacy adotterò in luogo del vero nome del soggetto in questione, un giovane paziente di 27 anni che ne ha accettato la divulgazione, dopo averlo portato da me in seduta.

Giulio ha perso dopo otto anni di fidanzamento la sua fidanzata, che qui chiameremo Speranza. Ho conosciuto Speranza quando dava segni di depressione e profonda sofferenza per la prolungata difficoltà a lasciarsi andare all’amore da parte di Giulio, che tendeva a sminuirla e criticarla per il suo carattere “troppo entusiastico, troppo romantico, troppo genuino”…

Speranza, che non riusciva a mangiare, a dormire, a respirare, ha infine lasciato Giulio con un atto di estremo coraggio, cui poi è seguita la collera del tempo perduto, non essendo stata amata per quello che realmente era sempre stata, dal suo fidanzato.

Dal canto suo, Giulio, malgrado sia stato lasciato da Speranza, ne segue il consiglio e decide di vedermi.

Scopre che il suo ideale di vita di coppia è fasullo, comprende che i suoi genitori simulano da anni di essere una famiglia felice (pur in mancanza di gesti o parole d’amore reciproci) e realizza che l’amore, quello vero, era invece in ogni molecola di Speranza. Decide quindi di riconquistarne il cuore, con gentilezza e pazienza, scoprendo il lato fragile ma ricco d’amore che ha sempre tenuto sepolto dentro di sé per timore di essere respinto,come gli accadeva col padre.

Decide di affrontare il rapporto sminuente che ha con quest’ultimo, insieme al quale lavora nell’azienda di famiglia, e con cui, per anni, ha avuto solamente dialoghi a monosillabi, nel tentativo di non esserne ferito.

Giulio porta in seduta il proprio transgenerazionale, collegando aspetti del suo mondo con quelli del padre, del nonno…

Finalmente, dopo un percorso terapeutico rivelatosi fruttuoso, sente che può fronteggiare suo padre e”tenergli testa”.

A questo punto, ecco che Giulio sogna…

Sono in montagna, a rilassarmi sulla sdraio in terrazza, quando sento un lieve fragore, guardo sulle montagne e vedo in lontananza una piccola frana, rocce che rotolano giù dal declivio e lo faccio notare a mia nonna, ma lei non vede niente. Ad un certo punto vedo come delle esplosioni, mentre le rocce che saltano via dalla montagna raggiungono la terrazza. Io e mia nonna entriamo subito in casa. Resto sulla porta a guardare i sassi che arrivano fino a dove poco prima ero seduto tranquillo… vedo persino la mia Vespa rossa che prima non c’era…

Mi accorgo anche che sulla terrazza è rimasto il mio cane Luis, tutto bagnato sebbene non stia piovendo, che faccio entrare in casa con me.

Una volta in casa, vado da mio nonno, ma mentre gli sto per dire quello che sta succedendo fuori, mia nonna mi blocca (senza che apra bocca capisco che non vuole fargli sapere nulla, perché lui è una persona molto ansiosa e incline a preoccuparsi).

Poco dopo arriva una vicina di casa, assai turbata, e prima che possa parlare con mio nonno la fermo e le dico che lui non sa niente.

Ad un certo punto compare Speranza, la porto sul terrazzo e le faccio vedere la montagna spianata.

Disegni realizzati al cellulare da Giulio per mostrarmi il cambiamento subito dalla montagna con la frana.




image a








image b


Come il disegno stilizzato ci indica, il caso di Giulio è un emblematico superamento del complesso edipico.

Prima c’era il padre-montagna, un padre tabù, che lui non osava affrontare.

Dopo il percorso terapeutico si stagliano invece due cime, di identica altezza dopo che il monte originario è parzialmente franato.

Le cime, Giulio – il padre di Giulio, costituiscono il sancito passaggio da ragazzo a uomo, un uomo ora capace di amare e di lottare per la donna amata, Speranza, ricondotta nel suo sogno insieme al cane Luis, che, nel corso della loro separazione, ha vissuto a turno da entrambi, coperto di vero amore…

Attualmente Giulio e Speranza sono tornati a frequentarsi, fanno insieme molti piccoli viaggi sulla Vespa e non solo, vanno d’accordo e riescono a divertirsi come mai in otto anni erano riusciti, oltre a parlarsi per ore…

A loro il mio più caro augurio di felicità… 


                                                                      



Lucia Fontana

(Milano, 1973) è psicologa e psicoterapeuta.

Canto, danza, poesia, ikebana e fotografia le sue passioni di sempre.

Alla ricerca di sintesi nel suo stile poetico, approda allo haiku e al tanka sul finire del 2014, percependo questi componimenti come istantanee di un “qui e ora” di stupore e di bellezza nei riguardi della vita cosmica in ogni suo dettaglio, compresi quelli più umili e meno appariscenti.

Attualmente sta lavorando alla sua prima raccolta di haiku e di tanka (in forma di eBook).

Si è classificata al quarto posto nell’edizione 2016 del Concorso Internazionale Haiku indetto dalla storica associazione culturale “Cascina Macondo”; finalista al Premio letterario nazionale di Haiku 2017 promosso dalle Edizioni Empiria di Roma; classificata da “Haiku Euro Top” tra i cento migliori haijin europei per il 2016; menzione d’onore al III Annual international Autumn Moon Haiku Contest, 2016; quarto posto all’European Quarterly Kukai #18. A partire dal 2016 i suoi haiku e senryū sono stati ripetutamente pubblicati da svariati blog e giornali internazionali (Modern Haiku, Hedgerow, Akitsu Quartetly, Frameless Sky, Ershik, Failed Haiku, Otata, , , Haikuniverse, The Haiku Foundation, Writer’s Blog di C. Digregorio, The Asahi Shimbun, MoonBathing Journal, Stardust Haiku, Cattails, Brass Bell sino allo storico giornale giapponese The Mainichi Shimbun.

Da marzo 2016 ha un suo blog, Cha No Keburi,

riguardante la poesia breve d’ispirazione giapponese, sul quale si possono leggere sia diversi suoi componimenti , sia short poem dei migliori autori italiani e stranieri.

http://chanokeburi.it/chanokeburis-birthday/

Fra i suoi lavori si distingue nei reading delle raccolte di poemi a tema, come ad esempio:

http://chanokeburi.it/lucia-fontana-presenta-silloge-della-donna-womans-anthology/

http://chanokeburi.it/lucia-fontana-presents-snow-anthology-silloge-della-neve/

Ad aprile di quest’anno il suo My Haiku Life viene pubblicato nel canale YouTube di THF da Jim Kacian :

http://dipyoutube.com/watch?v=DwscFv_LltI

sul suo blog :

http://chanokeburi.it/haiku-foundation-hosting-selection-of-video-haiga-created-by-lucia-fontana-for-the-haikulife-haiku-film-festival-2017-of-international-haiku-poetry-day/

Nel maggio di quest’anno ha dato vita a “IncenseDreams”, di fatto il primo web journal in Italia dedicato alla pubblicazione (in italiano e in inglese) di haiku e senryū provenienti da ogni parte del mondo.

Link al pdf, issue 1st e video silloge

http://chanokeburi.it/incense-dreams-journal-of-haiku-and-senryu-issue-1-may-2017-pdf-and-mothers-anthology-video-by-lucia-fontana/

Ferenczi ,la nostalgia dell’oceano e le immersioni subacquee. di Guglielmo Campione





"Mar che ti volgi ovunque è riva e chiami

Cuor che ti volgi ovunque è pena e l’ami:

Ritornan l’acque e i sentimenti al fondo,

ma per salire puri ancora al mondo".



Clemente Rebora “Frammenti lirici”, 1913



L'acqua da sempre scandisce le fasi esistenziali dell'uomo, prestando la propria immagine ai simbolismi della vita, del trascorrere del tempo, di una dimensione metafisica - religiosa e magica - speculare rispetto alla realtà percepibile.

Qual è il substrato ancestrale che giustifica la nostra profonda attrazione verso questo ambiente?

Il rapporto con i pesci e i mammiferi marini così ricercati da noi subacquei, per esempio, si basa solo sulla curiosità, sulla voglia di avventura e sulle tendenze ordaliche delle immersioni tecniche o sulla condivisione con i mammiferi marini del comune cervello emotivo degli affetti, delle gratificazioni e del piacere, della lattazione e alla gestazione gravidica e degli indubbi comportamenti gruppali e linguistici dell’uomo e di questi animali ?

C’è di più che l’etologia comparata?

La psicoanalisi, aprendosi all’antropologia, alla mitologia, alla mistica, alla biologia, alla letteratura ha dato un irrinunciabile contributo di riflessione su questo argomento.

Analizzerò qui due irrinunciabili esempi storici di tale apertura: la corrispondenza tra Freud e il premio nobel Rolland dal febbraio 1923 a maggio 1936, lo scritto Thalassa di Ferenczi del 1924 e alcuni passi dall’opera “La regressione”.di Michael Balint, allievo di Ferenczi.

Accennerò alla leggenda dell’uomo pesce e dell’identificazione con esso che affascinò e interesso anche il più grande filosofo italiano del novecento Benedetto Croce in una sorta di autoanalisi fatta in tarda età: la leggenda come viatico per un viaggio all’interno di se stesso bambino al di là di tutte i rigori scientifici sin lì usati.

Infine traccerò alcune mie ipotesi interpretative della leggenda.



IL SENTIMENTO OCEANICO



Freud deve a Rolland, la sua elaborazione del cosiddetto “sentimento oceanico ”.

La metafora oceanica, l’oceano come simbolo dell’illimitato, dell’unità in cui le molteplicità si dissolvono e gli opposti coincidono, è molto diffusa in tutte le tradizioni mistiche per descrivere la scomparsa dei limiti dell’Io. Tra i mistici cristiani ricorre spesso l’espressione: ”Io vivo nell’Oceano di Dio come un pesce nel mare”. Definisce una condizione permanente di quiete, calma, silenzio interiore anche quando si è coinvolti in pensieri e attività rivolte al mondo esterno. Il soggetto rimane consapevole del proprio stato di coscienza, mentre simultaneamente è conscio di pensieri, sensazioni, azioni.

Ramakrishna per descrivere l’ineffabile utilizzava spesso la metafora della bambola di sale, misura della profondità dell’oceano: “non appena entrata nell’oceano, cominciò a fondersi. Allora chi è in grado di ritornare e dire la profondità dell’oceano?” Freud aveva inviato Rolland l’avvenire di un’illusione, il suo scritto sulla Religione.

È nella lettera del 5 dicembre 1927 che Rolland lo invita a distinguere il “sentimento oceanico” dalla religione organizzata .

Il nucleo autentico del sentimento religioso è il “sentimento oceanico”, cioè l’esperienza mistica di unità con il mondo. Questo nucleo è vivo quando è viva l’esperienza dell’unità di tutte le cose:

Freud rispose in prima battuta così: Il sentimento dell’infinito non è altro che la nostalgia della condizione infantile preedipica, quando il bambino non è ancora in grado di percepire un confine tra sé e la madre.

Successivamente nel 1929 (14 luglio) Freud gli risponderà che il sentimento oceanico non gli aveva dato pace e che in un nuovo lavoro (Il disagio della civiltà, 1929) cita il sentimento oceanico e tenta “di interpretarlo nel senso della nostra psicologia.

Rolland (17 luglio 1929) si dichiara onorato che il sentimento oceanico lo abbia stimolato a fare una nuova ricerca e dice infine che Oriente ed Occidente sono le rive dello stesso fiume di pensiero e che in entrambe le rive ha potuto riconoscere lo stesso “fiume oceano”...

Nel 1936, in Un disturbo della memoria sull’acropoli: lettera aperta a Romain Rolland (Opere, vol. 11, pp. 473-481), Freud dedica a Rolland, questa confessione privata di una accurata analisi di un episodio di amnesia occorsogli durante un viaggio in Grecia sull’Acropoli di Atene di Fronte al Partenone che ha a che vedere con le tematiche della Fede-Fiducia, credulità/incredulità, piacere/dispiacere, potenza/impotenza, sentimento di estraniazione, depersonalizzazione, doppia coscienza, scissione della personalità.

Questo conferma la sensazione che la chiusura rispetto al sentimento oceanico continua a tormentarlo ancora dopo dieci anni dalla provocazione di Rolland. Si potrebbe a questo punto pensare che ciò che gli è precluso non è la mistica e la musica ma l’ingresso nel materno, nel femminile, in ciò che per Ramakrishna diventa la visione diretta della dea Kalì, l’eterno femminino, che per Freud rimase il continente nero.



THALASSA DI SANDOR FERENCZI



“La filogenesi o evoluzione della Specie, è un processo evolutivo degli organismi vegetali e animali dalla loro comparsa sulla Terra a oggi”. La filogenetica studia l'origine e l'evoluzione di un insieme di organismi, solitamente di una specie. Un compito essenziale della sistematica è di determinare le relazioni ancestrali fra specie note vive ed estinte .

Nel XIX secolo fu proposta da Ernst Haeckel la teoria della ricapitolazione espressa nelle sue parole “Tutte e due le serie dell'evoluzione organica, l'ontogenesidell'individuo e la filo-genesi della stirpe a cui esso appartiene, stanno fra loro nel più intimo rapporto causale. La storia del germe è un riassunto della storia della stirpe, o, con altre parole, l'ontogenesi è una ricapitolazione della filogenesi”.

Ferenczi riprende questo concetto ma si spinge molto in là per il 1924. Il testo è divisa nella parte ontogenetica e filogenetica.

Rifacendosi a Haeckel Ferenczi dice che la nascita dell’uomo è contrassegnata dal trauma: una catastrofe e che i frammenti di questa storia perduta sono conservati come geroglifici nella psiche e nel corpo. Ferenczi propone di applicare ai grandi misteri della Genesi della specie il metodo di decifrazione psicoanalitico usato per comprendere i piccoli misteri della storia individuale.

Nelle produzioni psichiche individuali e collettive con grande frequenza si assiste all’immagine del pesce che nuota nell’acqua.Secondo Ferenczi questo simbolo sta contemporaneamente sia per significare il coito che la situazione intrauterina.

Ma aggiunge Ferenczi, non potrebbe darsi che questo simbolismo esprima anche una parte di sapere filogenetico inconscio relativo al fatto che discendiamo da vertebrati acquatici ? (il famoso amphiouxus lanceolatus antenato di tutti i vertebrati e anche dell’uomo secondo le teorie in voga nel 1924).

Tutta l’esistenza intrauterina dei mammiferi superiori non sarebbe altro che una ripetizione dell’antica forma di esistenza acquatica.

La stessa nascita rappresenterebbe la ricapitolazione individuale della grande catastrofe che con il prosciugarsi degli oceani ha costretto numerose specie animali a d adattarsi alla vita terrestre e rinunciare alla respirazione tramite branchie per sviluppare i polmoni.

Citando Bolsche allievo di Haeckel secondo cui gli antenati dei genitali maschili sono i Pasci e che per la salamandra il corpo materno diventa l’equivalente dello stagno, Ferenczi arriva ad azzardare che placenta e amnios sono gli equivalenti del modo di vita acquatico del pesce.

“Alcuni aspetti del simbolismo dei sogni suggeriscono l’esistenza di una profonda analogia simbolica tra il corpo materno e l’oceano da una parte, la terra madre nutrice dall’altra. L’uomo prima della nascita sarebbe un endoparassita acquatico e dopo la nascita un ectoparassita aereo della madre, per un certo periodo. Anche la terra e l’oceano erano i precursori della maternità e costituivano essi stessi una organizzazione protettrice, avvolgendo i nostri antenati animali.

Il simbolismo marino della madre è più arcaico di quello della Terra, più tardivo, dove il pesce gettato dal prosciugamento degli oceani ha dovuto adattarsi per il tempo necessario a trasformarsi in anfibio.

Numerosi miti primitivi cosmogonici rappresentano la terra che emerge dagli oceani.

Il fatto di essere salvato dalle acque e di galleggiarvi può simboleggiare sia la nascita (il parto, l’approdo sulla terra) che il coito mentre cadere nell’acqua costituisce il simbolo ancora più arcaico: il ritorno all’utero.

La leggenda del diluvio universale potrebbe essere rovesciata: la prima grande minaccia è il prosciugamento e l’emersione della terra dell’Ararat sarebbe la catastrofe originaria lì dove l’arca di Noè rappresenterebbe il corpo materno che contiene la vita.

Ferenczi si pronuncia a favore di Lamark contro Darwin in quanto più centrato sulla psicologia e sul ruolo che le tendenze e le pulsioni interne hanno nella filogenesi ed in quanto Darwin non spiega, se non con il caso, la presenza di ripetizioni di forme e modalità di funzionamento che si presentano nelle nuove forme di evoluzione. Non c’è evoluzione senza motivazione interna, dice Ferenczi, né cambiamento che non corrisponda all’adattamento a una perturbazione esterna.

Il desiderio di tornare all’oceano abbandonato nei tempi primitivi, la Regressione Talassale, un ambiente umido che contiene sostanze nutritive.

La madre è il simbolo e il parziale sostituto dell’Oceano e non l’oceano della madre.

Tutte le specie sarebbero scomparse con la catastrofe del prosciugamento degli oceani se la loro sopravvivenza non fosse stata assicurata, nella fase di riadattamento terrestre, da alcuno fortuite e fortunate circostanze e dai tentativi di regressione alla vita endoparassitaria nell’amnios e in quella ectoparassitaria nell’aria respirando con i polmoni.

Un’altra analogia tra il feto nell’utero e l’animale nel mare è l’approvigionamento di ossigeno e nutrimento. Attraverso i villi coriali che galleggiano nel mare sanguigno placentare il feto per osmosi assorbe ossigeno e nutrimento come fossero branchie che assorbono per osmosi ossigeno dall’acqua. La placenta è un organo di aspirazione parassitaria .

Quando come subacquei dobbiamo imparare a regolare l’assetto tramite i polmoni ancor prima che attraverso il gav dobbiamo guardare i pesci che usano la vescica natatoria o come il capodoglio la diversa densità dello spermacete, o re imparare dai nostri antenati a pinneggiare in un certo modo per stare fermi in hovering oppure dobbiamo ancora guardare loro e reimparare a capire l’intensità delle correnti e la loro direzione dalla posizione dei pesci. La naturalezza dei nostri movimenti, la loro armonia e funzionalità non può che avere nei pesci il suo corrispettivo ancor di più se in apnea.

Il liquido amniotico raffigura l’oceano introiettato nel corpo materno, dove, l’embrione nuota come un pesce nell’acqua.

Ferenczi ricorda anche che le sostanze chimiche, trimetilamina, presenti nelle secrezioni sessuali sono chimicamente molto strettamente imparentate alle secrezioni dei pesci e che il ciclo dei 28 giorni mestruale è quello delle maree .

Inoltre è evidenziabile nei mammiferi acquatici, ridiventati terrestri e poi di nuovo acquatici come le foche, ma anche nelle anguille, nei salmoni, la tendenza regressiva geotropica, che le costringe a partorire o deporre le uova risalendo i fiumi per arrivare sulla terra o quasi.

Per rifarsi all’evoluzione dell’individuo e alla vita dell’essere umano Ferenczi sostenne che anche l’accoppiamento sessuale e il sonno sono attività che hanno la funzione di realizzare una regressio ad uterum .

Le diverse fasi dell’amore hanno lo scopo simbolico di far rivivere il piacere dell’esistenza uterina attraverso il progressivo annullamento dei confini dell’io dei due partners (la spoliazione, le carezze, il trapassamento dei confini corporei, il lasciare che il fiume inconscio possa inondare temporaneamente la coscienza priva di controllo e limiti, la petit morte dell’orgasmo). , l’angoscia della nascita e la gioia di sfuggire felicemente al pericolo da essa rappresentato.

Pene e vagina e anche a livello cellulare spermatozoo e ovulo riproducono sul piano simbolico il mortale pericolo superato vittoriosamente dopo il prosciugamento degli oceani (la rottura e perdita delle acque) attraverso una lotta di potere arcaica per procurarsi l’umidità che sostituisse l’oceano. Tant’è vero dice Ferenczi che quando l’uomo si separa dalle sue secrezioni sperimenta un sentimento di perdita (post coitum animal triste). Ferenczi dice che l’accoppiamento potrebbe essere una costrizione subita dai gameti e dai geni che spinge gli individui a unirli in luogo protetto. La catastrofe primordiale potrebbe aver avuto questa funzione di motivazione a questa spinta. Già Freud in “Al di là del principio del piacere” sulla fantasia del simposio di Platone, sostenne che quella catastrofe avrebbe scisso la materia in due parti, il mito dell’androgino, licitando in ciascuna di esse il desiderio di riunificarsi sotto il peso della pulsione di morte. A partire dalla materia inorganica gli esseri si sarebbero scissi e poi sarebbero tornati a cercare di riunirsi dopo una nuova catastrofe, il prosciugamento degli oceani.

L’orgasmo è dunque il sentimento oceanico di fusione e quiete che precedeva la comparsa della vita, la quieta morte della sostanza inorganica e i dolori e i dispiaceri esistenziali, residui delle tensioni prodotte dalle catastrofi.



Ci sarebbero state cosi 5 catastrofi:





FILOGENESI
ONTO E PERIGENESI
I CATASTROFE
COMPARSA VITA ORGANICA
MATURAZIONE CELLULE SESSUALI
II CATASTROFE
COMPARSA ESSERI UNICELLULARI INDICIDUALI

NASCITA CELLULE GERMINALI MATURE
 NELLE GONADI
III CATASTROFE



IV CATASTROFE






V CATASTROFE

INIZIO RIPRODUZIONE SESSUATA
COMPARSA DELLA VITA NEL MARE

PROSCIUGAMENTO OCEANI, ADATTAMENTO VITA TERRESTRE

COMPARSA SPECIE ANIMALI CON GENITALI

ERA GLACIALE

PROGRESSIVA OMINIZZAZIONE

NEGLI ANIMALI PLACENTARI SI SVILUPPA IL CORPO CALLOSO CEREBRALE CHE PERMETTE LA CONNESSIONE DEI 2 EMISFERI E L’INTEGRAZIONE DI PULSIONI , AFFETTI E RAGIONE .
FECONDAZIONE
SVILUPPO EMBRIONE NELL’UTERO


NASCITA



SVILUPPO PRIMATO GENITALE



PERIODO DI LATENZA
PRE ADOLESCENZIALE
LE PULSIONI INUTILIZZATE
DEVONO POTERSI SUBLIMARE
IN REALIZZAZIONI INTELLETTUALI
 E MORALI




























In cerca di avventura, sostiene Marylene Thomere, i subacquei da soli con le proprie risorse, consapevolmente e deliberatamente si espongono a un pericolo reale esterno con un misto di paura, piacere e sperando di tornare in una zona sicura.

Il cercare questo brivido è filobatismo contrapposto al non sopportare di vedere minacciata la propria sicurezza- ocnofilia.

La subacquea può configurarsi talvolta anche come attività controfobica per Fenichel: ciò che si desidera anche se pericoloso è cercare di controllare il pericolo, fornendo una sensazione di intenso piacere della vittoria su di sé, un ‘ansia narcisistica.

Nel fare il filobata in immersione il subacqueo si attacca ocnofilicamente ai suoi strumenti tecnici che secondo Balint rappresentano contemporaneamente la dipendenza dalla madre amorevole da cui dipende la vita e il fallo potente del padre che sfida la sicurezza materna e vuole conoscere l’oltre.

Ci sarebbe quindi una tendenza, avrebbe detto E Facchinelli, claustrofilica (amore degli spazi chiusi, si pensi agli speleosub e ai cenotes messicani o ai blue Hole) alla regressione uterina e nelle nostre immersioni che ci permettono ancora una volta di sperimentarla.

Ed una tendenza all’esodo, all’uscita, alla nascita, alla riemersione sulla terra sotto la spinta da claustrofobia, seguita da una temporaneo sollievo ma anche dalla nostalgia del ritorno.

Questa ambivalenza di sentimenti negativi e positivi si trova nella semantica antica: l’idea di profondità implicita nel pensiero greco arcaico che utilizza la parolaBathos sta a indicare un che di positivo, sinonimo di folto, fitto, ricco, spesso del tutto diverso dal significato negativo che i latini attribuivano alla parolaProfundis, inteso invece come mancanza di misura, smodato, fondo, come spazio vuoto smisurato in grado di inghiottire e divorare uomini e navi.


Bibliografia

Balint M., Balint E., La regressione, Cortina , Milano, 1983

Croce B., 1885, La leggenda di Niccolò Pesce, Giambattista Basile, vol.II

Campione G, "Immergersi nella mente , immergersi nel mare : l'immersione come realtà psichica,  
                        2015 MediAterraneum Editore . 

Campione G., Revisione della letteratura sul sentimento oceanico, Stati della Mente,  
                       http://statidellamente.blogspot.com

Facchinelli E., Claustrofilia, Adelfi

Fenichel O. (1951), Trattato di psicoanalisi, Astrolabio.

Ferenczi S. (1924) "Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità", Cortina.

Freni S., La dimensione mistica nell'esperienza psicoanalitica, 
               http://www.psychomedia.it/pm/modther/integpst/freni.htm Carere Comes T. Mistica,  
               religione e psicoanalisi, http://www.psychomedia.it/pm/modther/integpst/frenintro.htm

Freud S. (1920), "Al di là del principio del piacere", Opere, Boringhieri, vol. 9.

Freud S., Un disturbo della memoria sull’acropoli: lettera aperta a Romain Rolland, Opere, 
                Boringhieri vol. 11

Imbriani Vittorio, Poesie

Rebora Clemente “Frammenti lirici”, 1913

Thomere M., Les liaison dangereuse avec la mere, Hommes et perspectives.







LO STATO FLUIDO DELLA COSCIENZA di Vincenzo Ampolo




                                                       ( Immagine di Virginia Giuffrida)





"Sciogliersi nell'acqua

come sale da cucina

tornare ad essere

quello che si era prima."


Procedimento scientifico n. 1 di Vincenzo Ampolo

(Menzione speciale al Secondo Concorso Internazionale

di Poesia Scientifica – UAAR Venezia 2010 )










La coscienza è fluidità.

Nel presente tutto scorre e in questo flusso siamo come gocce d’acqua che partecipano di un’onda in movimento.

Come persi, nella danza, nella natura, nell’amore, sperimentiamo lo stato fluido in cui siamo, senza pensare di essere.

Le antiche pratiche estatiche e meditative promuovevano, attraverso tecniche più o meno elaborate, stati di presenza all’interno di una fluidità di coscienza.

Agendo sul respiro, sulla voce o su tutto il corpo, in stasi e in movimento, si era in grado di fermare il flusso ininterrotto dei pensieri e ritrovare dentro di sé, il silenzio, il vuoto, la non-mente.

In questo “essere nell’essere”, improvvisamente e senza preavviso, la coscienza si espande a un livello d’informazione superiore, fino ad abbracciare una dimensione più vasta di realtà.

E’ questo il “satori”, un’esperienza spirituale, il primo passo per quel percorso di espansione della coscienza che dovrebbe portare alla tanto ricercata “illuminazione”.

Lo stato fluido, quando lo si sperimenta, è lo stato di coscienza più semplice e naturale; quello dell’artista o del bambino che gioca, che crea, che sogna ad occhi aperti, che gode della bellezza del creato.

Se i condizionamenti culturali e sociali ci impongono un modo di pensare rigido e razionale, sotto il predominio dell’emisfero sinistro, pure è possibile ritrovare e perseguire questa spontanea e naturale fluidità di coscienza, in cui ci si può percepire come parti di un tutto interconnesso, agevolando una visione oceanica più ampia e comprensiva.

Da qui, da questa prima esperienza è possibile accedere a stati ancora più elevati ed espansi, in cui le informazioni che si percepiscono diventano molto più raffinate, più chiare e profonde.

In altri contesti di studio ho già sottolineato l’importanza dell’educazione a questo approccio creativo e naturale al tempo stesso.

Quando esistono delle figure accudenti, familiari e insegnanti in primo luogo, che lasciano spazio e promuovono la crescita di queste potenzialità naturali, necessarie per godersi la vita, si osserva il fiorire d’individui che hanno un miglior senso di autostima, sono meno preoccupati di se stessi e riescono ad elaborare le informazioni in modo più critico ed autonomo.

L’educazione allo stato fluido è quindi un obiettivo da perseguire in tutti i gradi d’istruzione e per tutta la vita, considerando che nello stato fluido dei praticanti la meditazione, ad esempio, è possibile verificare strumentalmente un funzionamento cerebrale meno eccitato e più integrato, capace di flessibilità di empatia e soprattutto di gioia di vivere e fiducia nell’esistenza.




Nota :

In relazione alla tematica affrontata si vedano dell’autore i testi:

- Musica droga & transe, Ed. Sensibile alle foglie, 1999;

- Dissociazione e Creatività, Ed. Campanotto, 2005;

- Oltre la Coscienza Ordinaria, Riti Miti Sostanze Terapie, Ed Kurumuny, 2012.